Sabato sera, durante la partita Italia-Austria non è passata inosservata l’immagine del tifoso rosanero esultante sugli spalti di Wembley con la maglia del Palermo. Qualcuno lo ha definito l’eroe della giornata. Marco D’Aubert ha raccontato ai nostri microfoni l’emozione e l’orgoglio di una serata per lui davvero indimenticabile:
“Mi trovo in Inghilterra da 17 anni, abito nel Somerset. Conosco Kieffer Moore, giocatore del Galles, perché qualche anno fa ha giocato nel “Yeovil Town”, la squadra della città dove vivo. Siamo diventati amici e così qualche giorno prima della partita gli ho mandato un messaggio su Whatsapp chiedendogli se poteva domandare al suo compagno di squadra Aaron Ramsey di chiedere a sua volta ad un calciatore della Juve, che gioca nella Nazionale Italiana, un biglietto per la gara contro l’Austria. Non chiedevo tanto, solo questo. Mia mamma mi ha insegnato se che non chiedi, non ottieni. Sono andato a prendere il biglietto nell’albergo dove alloggiavano i giocatori italiani.”
Cosa ti ha spinto ad indossare la maglia del Palermo in una competizione internazionale?
“La maglia me l’aveva regalata Ilija Nestorovski, che ho conosciuto qualche anno fa a Palermo. Ero riuscito a trovare, e regalare ad un suo amico, un biglietto per la partita Arsenal-Napoli. Quando scesi in città, per ringraziarmi mi diede la sua maglietta. Ancora oggi di tanto in tanto ci salutiamo via Messenger e prima della gara dell’Italia gli ho scritto dicendogli stavo andando a Wembley con la sua maglia sicuro che qualcuno l’avrebbe vista. Sapevo che il mio posto allo stadio era dietro la panchina dell’Austria e che il Rosa spicca sull’azzurro, ma non mi aspettavo tutto questo clamore. C’è stata tanta gente che si è congratulata con me, in tanti si sono emozionati e commossi, anche se ho letto qualche commento cattivo sul mio aspetto fisico per via della pancetta. Ma il motivo per il quale ho messo la maglia del Palermo è perché ho voluto dare un conforto a tutti i tifosi rosanero che hanno quasi perso la fiducia di vedere presto la nostra squadra giocare in questi palcoscenici prestigiosi e per far capire che noi esistiamo sempre, lo testimonia anche il fatto che chi ha giocato nel Palermo non lo dimentica mai.”
Come hai vissuto da lontano la tua passione rosanero?
“Ho sempre fatto salti mortali per seguire il Palermo anche dall’Estero. Sono nato a Bagheria, ma mi definisco palermitano. Sono arrivato in Inghilterra a 18 anni. Dopo aver conseguito il diploma ed aver trovato lavoro in locale a Santa Flavia, durante un evento una signora mi propose di venire a Londra dove il figlio gestiva un ristorante. Tutti dicono Londra, ma l’Inghilterra è enorme. Però quando si è giovani il fascino della capitale inglese è grande e sono partito. Quando sono arrivato all’aeroporto londinese sono venuti a prendermi e abbiamo viaggiato per altre 3 ore. Siamo arrivati così nella regione del Somerset, ma alla fine sono rimasto ed ho fatto tantissima esperienza. Sono sposato con una ragazza palermitana, ho due figli ed un terzo bambino in arrivo. Il lavoro va bene, guido pullman da turismo e da poco ho intrapreso una nuova attività, trasporto animali domestici tra l’Inghilterra e l’Italia, in quanto non essendo possibile farlo con gli aerei, c’è molta richiesta da parte di tante persone. Questo mi dà la possibilità di venire nel nostro Paese una volta al mese. Non ho mai avuto problemi con il lavoro, mi sono sempre dato da fare, ho fatto il cameriere, ho gestito ristoranti ed alberghi. Ma poiché mio padre faceva l’autista di autobus e da sempre volevo seguire le sue orme, ho preso la patente e da 7 anni svolgo questa attività.
Dove vivo c’è una bella realtà di palermitani, grazie al ristorante Tamburino, gestito da un bagherese. Purtroppo siamo in pochi quelli che tifiamo per il Palermo, ma è così anche in città. Specialmente dopo il fallimento molti sono tornati a tifare per la Juventus, il Milan e l’Inter. Io non ne sarei capace. Amo il calcio in generale e vedo tutte le competizioni, ma il Palermo è la squadra del mio cuore. Ho continuato a vedere le partite grazie alle pay tv e tutte le volte che scendevo a casa, organizzavo il viaggio con le date in cui giocava il Palermo. L’ultima gara che ho visto è stata la trasferta a Palmi. L’unica partita che ho perso, e che tutt’ora rimpiango, è la finale di Coppa Italia a Roma. Ho visto la partita qui a Londra contro il West Ham, i loro tifosi hanno indossato la maglietta con la scritta “The Hammers vs the Mafia”. Batterli in casa per 1 a 0 è stata una grande soddisfazione.”
A quale giocatore rosanero sei particolarmente legato?
“Sono due, entrambi di indiscutibile classe: Miccoli e Pastore. Miccoli perché l’ho sempre visto come uno di noi, profondamente legato alla nostra città ed ai nostri colori. Pastore perché quando giocava con il Paris Saint Germain lo incontrai a Londra e dopo la partita, mentre stava salendo sul pullman gli dissi che ero di Palermo, lui venne verso di me, mi strinse la mano dicendo “forza Palermo”. Conosco molti giocatori e personaggi famosi, posso dire, al pari di Pio ed Amedeo, che sono nati facendo mandrakate, ma ne ho fatte tante anche io. Nell’anno in cui il Leicester ha vinto il campionato inglese sono andato a vedere una partita ed ho incontrato Ranieri. Appena ha saputo di dov’ero ha cominciato a dirmi “Paliemmu, Paliemmu”. È stato un incontro molto cordiale e simpatico.”
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
“Sono un autista e piacerebbe guidare il pullman del Palermo. Ci ho provato. Ho mandato una mail ad Eugenio Labisi scrivendogli che parlo 3 lingue e che faccio questo mestiere. Con le condizioni giuste tomerei a Palermo a piedi anche domani. Senza pretendere troppo, ma vorrei un lavoro sicuro. Perché a meno di un colpo di fortuna, ricchi non ci diventiamo, questa è una cosa che ho imparato. Non è facile, ma vorrei tornare. Della nostra città mi manca la nostra cultura, il nostro essere accoglienti, la movida in generale. E poi il clima, il mare ed il nostro sole.”