Il Virologo di fama internazionale, allievo di Albert Sabin, Giulio Tarro (siciliano di Messina), che ha aiutato a sconfiggere l’epidemia di colera scoppiata a Napoli negli anni Settanta, Primario emerito dell’Azienda Ospedaliera “Domenico Cotugno” di Napoli è stato intervistato in esclusiva da TuttoPalermo.net, dove ha parlato del Covid-19, ma non solo… Le sue tesi hanno diviso la comunità scientifica e l’opinione pubblica.

Ci sono tante voci contrastanti che riguardano la nascita del Covid-19, la teoria che sia di originale animale con il passaggio del virus dal pipistrello al pangolino possiamo affermare che sia quella più attendibile?

“Inizierei a rispondere alla sua domanda ricapitolando brevemente delle cose: nel 2002-2003 c’è stata la Sars; poco dopo, non molti lo sanno, c’è stata una malattia pressoché identica, in Medio-oriente, proveniente dai cammelli; oggi c’è il Covid-19, una forma di polmonite atipica. In queste tre forme epidemiche, per il Covid si parla di pandemia, c’è sempre stato un intermediario, ossia un’animale. Nel caso del Covid-19 pare sia stato un pipistrello. Questa sindrome è cominciata dal mercato del pesce di Wuhan. Ma c’è anche un’altra possibilità, come rilevato da alcuni miei illustri colleghi, ossia che questo virus provenga dal laboratorio di Wuhan. Non lo so. Non è impossibile che un ricercatore o un tecnico possa portare fuori, ovviamente si presume inconsciamente, un virus dal laboratorio. Ritengo che il virus abbia un’origine naturale”.

Per lei è più importante trovare la cura o il vaccino, considerando che per la Sars ed il Mers non è stato necessario quest’ultimo?

“Reputo importante innanzitutto trovare una cura. Se il virus ha come sembra più varianti, sarà complicato avere un vaccino che funzioni in tutti i casi, esattamente come avviene per i vaccini antinfluenzali che non coprono tutto. Per la Sars e poi con la sindrome respiratoria del Medio Oriente, non sono stati preparati vaccini, si è fatto, invece, ricorso agli anticorpi dei soggetti guariti”.

La sieroterapia, quindi l’utilizzo del plasma dei guariti da Coronavirus possiamo dire che sia la cura ideale per questo virus? Quanti donatori servono?

“Come suggerisce, abbiamo a nostra disposizione gli anticorpi dei guariti che possiamo ricavare con la plasmaferesi, una tecnica di separazione del sangue che viene usata per diversi scopi. La cura con il plasma dei pazienti guariti da Covid-19 si sta sperimentando in tutto il mondo. In Italia si stanno ottenendo dei risultati positivi. Voglio ricordare che non ci troviamo di fronte a una terapia sperimentale da dover studiare o da concedere in via compassionevole. È una pratica conosciuta da secoli, utilizzata anche da Pasteur nell’Ottocento: si sono sempre prelevate le gammaglobuline dai guariti per curare i malati. Volendo fare un confronto con le epidemie del passato, dobbiamo considerare che mentre nella prima SARS non c’era stata molta possibilità di terapia, nel caso specifico della SARS del medio-oriente con percentuale di mortalità del 33% venne autorizzato il prelievo di anticorpi da soggetti guariti, questa è una questione sulla quale ho scritto anch’io per l’Ordine Nazionale dei Biologi e anche per una rivista inglese che si pubblica in Asia con molti lettori. In merito all’ultima parte della sua domanda le dico che secondo quanto emerge dalle pubblicazioni dei nostri colleghi cinesi, con 200 ml di plasma si riesce a sconfiggere il virus anche in casi critici, in poco più di 48 ore”.

Non è sicuramente una scoperta quella di utilizzare il plasma dai guariti dal virus, perché allora non ci hanno pensato prima?

“Il plasma non costa nulla e forse ci sono interessi nel voler trovare a tutti i costi un vaccino. I vaccini sono una cosa seria, non si improvvisano. Ci vogliono 18 mesi per ideare un vaccino e soprattutto per testarlo. Il plasma fino a poco tempo fa non piaceva agli esperti accreditati nelle tv. Anche loro ora, dopo che tutto il mondo ne parla, hanno cambiato idea”.

Per Lei il virus avrà una sua morte naturale oppure no?

“Sicuramente naturale. Il Covid 19 potrebbe sparire completamente come la prima SARS, ricomparire come la MERS, ma in maniera localizzata o cosa più probabile diventare stagionale come l’aviaria”.

Si poteva evitare la pandemia?

“È acclarato che in Italia il virus circolava probabilmente già da moltissimo tempo. In Lombardia è scoppiata una ‘bomba atomica’, tutto in un lasso di tempo troppo breve a fronte della capacità del Sistema Sanitario. L’Italia ha chiuso i voli diretti con la Cina, senza controllare gli arrivi indiretti attraverso gli scali e quindi è stato possibile aggirare il divieto. A tutto questo si aggiunge lo sfascio del nostro Sistema Sanitario Nazionale: dal 1997 al 2015 sono stati ridotti del 51% i posti letto delle terapie intensive. A gennaio quando si è saputo dell’epidemia in Cina, l’Italia non ha fatto nulla. La Francia – che non aveva nel tempo ridotto le terapie intensive – a inizio anno si è preparata e le ha raddoppiate. Noi no, siamo arrivati tardi. Personalmente sostengo la ricetta utilizzata in Israele. A mio avviso sarebbe stato il modello da prendere come riferimento. Bisognava isolare gli anziani, lasciando però andare i più giovani, che hanno maggiori difese immunitarie e quindi permettere un’immunizzazione di massa. Non so se si potesse evitare la pandemia, le morti forse sì”.

A quali temperature il virus non può resistere?

“Il virus soffre le alte temperature estive, aggiungo che il mare è un alleato. A mare il virus non si trova a suo agio, soffre la salsedine”.

Quando si potrà tornare alla normalità?

“In estate, quasi sicuramente, saremo abbastanza immunizzati. Col caldo tutto dovrebbe tornare alla normalità. Non a caso le latitudini africane, come dimostrato, da studi scientifici recenti, non consentono una diffusione massiccia ed estesa del Sars Cov2: ci sono solo piccole endemie qua e là”.

Parlando di calcio, come considera tutto il dibattito in Italia sulla ripresa o meno del campionato?

“Reputo che il campionato debba riprendere senza alcun problema. Lo stesso per tutti gli altri sport. Serve buon senso”.

Essendo un siciliano come ha vissuto la ripartenza di una squadra di una grande piazza come Palermo dalla Serie D?

“Il calcio è avvincente, le lunghe salite soprattutto. Essendo siciliano, mi porto la Sicilia nel cuore”.