(di Giuseppe Messina)

Rosario Pergolizzi, ex allenatore del Palermo fresco vincitore della Serie D Girone I, oltre che tra i protagonisti rosanero della vittoria del campionato Primavera 2008/2009, è stato intervistato dal Direttore Rosario Carraffa in esclusiva per TuttoPalermo.net, durante il programma in radiovisione “Today Sport” su RTA, dove ha parlato di diversi argomenti.

Che avventura è stata quella del Palermo, vista la necessità di vincere?

“Credo che essere stato scelto per allenare il Palermo è stato un onore e una gratificazione. La società ha dato a me e al mio staff una grande responsabilità perché, pur ripartendo dalla D, era una squadra dai trascorsi importanti negli anni precedenti. Nella scelta dei giocatori, staff medico, magazzinieri e altro la società ha fatto tutte le mosse giuste, con professionalità e molto affiatamento nel lavoro collettivo, raggiungendo un obiettivo che è diventato facile, non lo era dall’inizio”.

Quando hai capito che avresti potuto vincere il campionato?

“Vorrei ribadire che non è mai stato facile vincere campionati: Bari e Parma ad esempio avevano avuto difficoltà anche loro. Addirittura a 5-6 giornate dalla fine erano in lotta, con la seconda a 3-4 punti, vincendo quasi alla fine del torneo. Noi abbiamo mantenuto una distanza importante dalle seconde: solo una volta siamo arrivati ad avere 2-3 punti di vantaggio, ma siamo stati sopra anche di 13. Forse abbiamo fatto troppo bene all’inizio, è normale che ci fosse un calo fisiologico. Consideriamo che siamo partiti con 15 giorni di ritiro, in fretta, quindi siamo stati bravi. E poi era scontato che Savoia, Giugliano, FC Messina ci tenessero a vincere. In tanti potevano pensare che il Palermo fosse l’unica a mirare questo obiettivo, quando invece queste squadre hanno cercato di rinforzarsi a gennaio. Quindi abbiamo vinto meritatamente: anche se purtroppo il campionato è finito prima per il Covid, abbiamo chiuso con 7 punti di distacco, mentre gli altri si sono dovuti accontentare di vedere il Palermo raggiungere il traguardo di tornare nei campionati professionistici”.

Tra i giocatori che hanno fatto bene a Palermo ci sono Lorenzo Lucca e Roberto Floriano, arrivati a gennaio. Quanto è stato importante l’apporto di Floriano? Pensi che Lucca possa diventare un giocatore importante nel futuro dei rosanero?

“Per quanto riguarda Floriano è un giocatore che non si discute, che aveva fatto categorie importante come la B. Si era deciso di prendere un under e un over che facesse la differenza, e Floriano aveva queste caratteristiche. Aveva bisogno di un minimo di adattamento mentale e fisico, perchè a Bari aveva giocato poco. Ma poi è venuto fuori il livello del giocatore e penso sia un peccato che il campionato non sia continuato. Lucca invece è un giocatore tutto da scoprire, per quanto mi riguarda. L’ho potuto allenare ed ha segnato un gol in una partita importante col Biancavilla. Ha delle doti importanti ma deve costruirle in se stesso. Come tutti i giovani è giusto credere in se stessi, avere un minimo di stravaganza, ma avendo esperienza nel settore giovanile, credo che i giovani vanno sempre dosati: bastone e carota. Prima di diventare importanti bisogna costruire la professionalità, dentro e fuori dal campo, avere la cultura del lavoro e rispetto nei confronti degli altri. Non bisogna mai dimenticarsi che si gioca all’interno di un gruppo, di una società e di un sistema di gioco. Bisogna crescerli senza troppe responsabilità e col tempo, se hanno capacità di capire che il tempo è dalla loro, faranno sicuramente bene”.

La tua voglia era quella di restare a Palermo: quando hai capito invece che non saresti rimasto sulla panchina dei rosanero?

“Non ho mai pensato di essere l’allenatore a vita del Palermo o se fossi rimasto un altro anno. Ho sempre pensato io, con il mio staff, (con cui abbiamo perso diverse ore di sonno), come tutto il Palermo calcio di vincere in qualsiasi modo il campionato. Per noi era importante fare punti e giocare per vincere, cosa non semplice per qualsiasi società. C’era l’assillo di vincere un campionato che non ti permetteva tante battute d’arresto. La gestione era la cosa più importante. Io lo dico e lo ripeto: il fatto di aver gestito un gruppo a livello ambientale, giornalistico e di società, in una città importante come Palermo non era facile e ci siamo riusciti, perché nelle difficoltà ci siamo ritrovati. Questa squadra aveva qualità tecniche e fisiche, forse un po’ meno quelle caratteriali e la mancanza di conoscenza della D, pur conoscendo la B. Giocare al Barbera davanti a 20.000 persone non è come giocare in trasferta, dove tutti ti aspettano, su campi piccoli e un ambiente particolare. Tutti infatti ci hanno ospitato benissimo, poi però in campo cercavano di batterci per rimanere nella storia. Vanno quindi dati i meriti per quanto fatto, perché questo era il campionato più importante per il Palermo in prospettiva: non vincere la D sarebbe stato una tragedia. Mentre essere in C, tra i professionisti ti permette di temporeggiare e avere più pazienza per vincere il campionato. Quando c’era qualche malumore, le lamentele sul gioco, era in realtà la paura di non vincere. Gli stessi cori dei tifosi che dicevano di volere lasciare la categoria erano sintomo della paura di non andare in C. Alla fine credo che la gente si sia divertita ed essere in C è un punto di partenza importante”.

Ci sono giocatori che più di altri ti hanno aiutato a fare spogliatoio?

“Quando si raggiunge un obiettivo si deve citare tutti, altrimenti toglierei qualcosa a qualcuno che ha sottratto tempo alle proprie famiglie per il Palermo. Gli over hanno fatto il loro, dimostrandosi uomini veri e facendo crescere gli under, e gli under stessi hanno appreso benissimo, perché credo siano stati tra i giovani di più alto livello del nostro girone. Diamo meriti ed elogi a tutti, nessuno ha dato meno e solo mettendo ognuno di noi qualcosa si è potuto raggiungere grandi obiettivi. Era un gruppo che voleva vincere ed ha lavorato giorno dopo giorno per farlo. Forse ho chiesto anche tanto: noi non avevamo un giorno libero, ci allenavamo dalla domenica alla domenica, nonostante il lunedì avessimo giorno di riposo, in cui convocavamo i giocatori che non avevano giocato e chi doveva fare cure. Ma eravamo consapevoli di raggiungere il traguardo”.

In A chi vedi favorito dopo questa lunga pausa?

“Dopo una pausa così lunga era normale vedere partite un po’ “calanti”. Non è facile allenarsi a casa, lavorando sulla forza ma con poco pallone, conseguenza di tutto il lavoro. Poi c’era l’incognita della preparazione dovute agli impegni, con squadre che hanno lavorato subito col pallone e chi sull’intensità, così come quella delle 5 sostituzioni. Per me sono tante e sconvolgono il sistema di gioco, si crea confusione. Così come accadeva con gli under, che se non giravano la squadra ne risentiva. La Juventus è tra le squadre che col tempo sta acquisendo condizione, la Lazio invece è partita forte e adesso la vedo un po’ in crisi. L’unica squadra che vedo in forma è l’Atalanta che fa un gioco ed ha una mentalità diversa. I loro allenamenti non c’entrano con quanto fanno le altre squadre. L’Atalanta fa duelli 2 contro 2, 3 contro 3, 4 contro 4 a tutto campo. Sfido chiunque a fare una cosa simile, comprendo il campo sempre a uomo. Le altre hanno cercato di ripartire in maniera diversa: la Juve a suo modo può arrivare bene alla Champions, l’Inter con i suoi alti e bassi, la Lazio forse ha un organico interessante e un bel gioco però hanno pochi ricambi. Se la Lazio dovesse guadagnare qualche punto prima dello scontro diretto va bene, ma se dovesse incappare in qualche risultato negativo, non ci sarà storia”.

Cosa vuoi dire ai tifosi rosanero?

“Intanto credo che non farò più interviste perché in questa settimana sono stato tanto sui giornali e i siti: questa sarà l’ultima. Credo sia arrivato il momento di pensare ognuno al proprio futuro, perché sarà per entrambi dura. Ai tifosi dico che ho rivisto le partite a mente fredda e mi sono rimasti impressi i 4-5000 tifosi a Marsala. Rimarrà nella storia e nel mio cuore vedere tante famiglie al seguito di questa squadra con figli. Dico di stare vicini alla squadra con i propri figli, che sono l’anima del tifo. Dico di cercare di inculcargli non la mentalità di tifare le grandi prima di tutto, ma di tifare Palermo. Se fossi presidente del Palermo, per ogni nascita regalerei un gagliardetto o una maglia del Palermo subito, al primo giorno. Credo che sia una cosa bellissima. E poi di essere quelli che sono, di stare vicino alla società e di non pensare che tutto sia facile, di vincere a chiacchiere. Più con i piedi per terra si sta e più facilmente raggiungi in silenzio gli obiettivi. Devo solo ringraziarli perché mi hanno fatto sentire da Serie A e un professionista vero”.