Tifoso appassionato del Palermo e viaggiatore instancabile, Lorenzo Marchese nel corso della sua vita ha già visitato tutti i continenti del mondo. Il sogno più grande però lo ha realizzato nel 2010. Un viaggio affascinante lungo il continente africano che ha permesso a Lorenzo di conoscere tradizioni ancestrali, danze e rituali dei diversi popoli di volta in volta visitati e raccontati nel suo intenso libro “Il Respiro dell’Africa” pubblicato da qualche giorno e già disponibile all’acquisto.
Come mai hai deciso di raccontare dopo 11 anni questa esperienza unica e forse irripetibile?
“Oggi un viaggio così come l’ho realizzato io non sarebbe più possibile per tanti motivi: politici, storici, di guerra.
È durato 10 mesi, dal novembre 2010 a settembre 2011. Mentre mi trovavo in Botswana (Africa Meridionale), il penultimo paese che stavo visitando, si sono avvicinati due ragazzi che avevano un canale televisivo, per intervistarmi. Nel corso dell’intervista mi hanno suggerito di scrivere un qualcosa su questa esperienza che stavo vivendo. Ma tornando a casa ho dovuto metabolizzare a lungo quei 10 mesi vissuti in Africa. Non è stato un giro turistico, ma un viaggio alla ricerca di usi, costumi, tradizioni e religioni del continente Africano. Nel libro non racconto solo le cose belle, ma anche i campi profughi, le guerre e le missioni che ho visitato. Parlo della gente e delle esperienze che ho vissuto. In Sudan ho visto bambini morire di fame, ho conosciuto persone che non hanno cosa mangiare e che cercano disperatamente di sopravvivere. Per questo ho impiegato tanto per scrivere il libro. C’è voluto molto tempo per digerire e metabolizzare tutto quello che ho visto.”
La scienza ha accertato che esiste un’unica razza
e che tutta l’umanità si evoluta dall’Africa. Che sensazione hai provato
visitando quei luoghi da dove ha avuto origine la nostra specie?
“Dedico qualche pagina del mio libro a questo
aspetto, proprio perché l’Africa è la culla dell’umanità. Mi sono sempre
chiesto come sia stato possibile che questo continente, dal quale ha avuto
origine la vita, si sia poi trasformato in un paese a perdere. Ma strada
facendo mi sono dato molte risposte. Sicuramente hanno influito molti aspetti,
primo su tutti la tratta degli schiavi. Gli occidentali e gli americani che arrivavano
lì razziando i villaggi, uccidendo gli anziani e portando via i giovani e le
donne sono stati i pionieri del razzismo che è continuato poi con il
colonialismo perpetrato dai i vari Paesi Europei. L’ Africa ricca di oro,
diamanti e petrolio è stata depredata delle sue ricchezze. Gli invasori hanno
sempre messo governi fantocci non permettendo ai vari popoli di potersi
autogovernare. In Africa le diverse popolazioni si distinguono per etnia,
pertanto quando i colonialisti hanno tirato con un righello i confini, hanno
diviso interi villaggi dove prima erano amici ed hanno esasperato in diversi
luoghi una conflittualità etnica che era latente, armando in alcuni casi la
popolazione per avere il predominio sulle ricchezze del sottosuolo.”
L’ Africa è la culla di civiltà antiche, come
quella egizia, ma anche la terra di culti tribali. Come mai?
“I Paesi del Nord Africa risentono della cultura
araba, ma man mano che ci si addentra nel territorio africano si trova una
cultura tribale molto affascinante. Il vudù è una religione molto seguita,
mentre la religione animista si mescola un po’ al cristianesimo e po’
all’Islam. Io sono stato accolto molto bene ovunque, giravo con i mezzi
pubblici e sceglievo alberghetti modesti ed umili. Un giorno dovevo fare
un’escursione dove serviva una guida. Mi hanno fatto un prezzo davvero molto
conveniente, non quello che facevano agli stranieri. Ho chiesto il motivo e mi
hanno detto che avevano capito che ero andato in Africa per conoscere e capire
senza giudicare. Infatti agli altri facevano pagare il doppio o il triplo della
tariffa.”
Sei mancato quasi un anno da Palermo, come hai
vissuto lontano dall’altra tua grande passione, la squadra rosanero?
“Durante il viaggio non ho assolutamente
dimenticato il mio Palermo. In diversi Paesi si vede la tv “Al Jazeera” e sono
riuscito a vedere alcune partite contro la Juventus, contro il Milan e il
Livorno, dove abbiamo vinto, ascoltando la telecronaca in lingua araba. Mi ero
portato anche alcune magliette rosanero che ho regalato ai bambini che sono
stati felici di indossarle. In passato ho ricevuto qualche loro foto ed ho
voluto mettere anche un po’ di rosanero nel mio libro.”
Cosa ti ha lasciato nel cuore questo viaggio?
“Quando lo scorso anno durante il Covid ho ripreso gli appunti scritti durante il viaggio ed ho rivisto i video che avevo girato, ho provato una grandissima emozione perché ho rivissuto questa incredibile e meravigliosa avventura. Sono stato felice di scrivere il libro, anche se per certi versi ho vissuto male questa esperienza. Noi occidentali abbiamo tantissimo e non condividiamo nulla con gli altri. Facciamo parte di un mondo egoista ed individualista. Lì invece venivo accolto ovunque alla grande e se c’era un tozzo di pane lo dividevano con me. L’ospitalità per loro è sacra. Mi ero portato delle penne bic e le regalavo nei vari villaggi. Chiaramente non potevano bastare per tutti, ma i bambini li condividevano tra loro. Sono tante i ricordi preziosi che porterò nel mio cuore, ma non dimenticherò mai l’immagine più bella: quella dei bambini che gioiscono sempre, bambini che hanno la capacità di inventarsi i giochi e che nonostante tutto sorridono sempre alla vita.”
“Il Respiro dell’Africa” edito da Booksprint è già acquistabile presso Mondadori store o online sul sito www.booksprint.it